Il libro:
Editore Aìsara
Anno 2011
144 pagine - brossura con alette
Traduzione Giovanni Zucca
La trama:
A Pourceville, un paesino della Normandia - famosa per il calvados e per essere stata teatro di battaglia del D-Day nel 1944 - uno strano uomo dal mantello nero, alto e lugubre, dagli occhi azzurri inespressivi, si destreggia fra le campagne con una falce in mano uccidendo, uno dietro l'altro, i cittadini locali. Sembrano avere le medesime caratteristiche, tutti tra i 60 e i 65 anni, ancora attivi o in pensione. Tutti sono stati trovati mutilati, lingua e sesso lasciati accanto ai cadaveri.
L'assassino sembra agire indisturbato, come se avesse architettato tutto nei minimi particolari. Ma c'è sempre l'1% di possibilità che qualcosa possa andare storto. E quel qualcosa si chiama Tonio Padovani, che torna, dopo essere stato coinvolto dal piombo letale in "Assassini di sbirri", a indagare insieme a una compagnia di poliziotti al limite del grottesco, per stanare il colpevole ma, soprattutto, per riuscire a dare un movente a cotanta ferocia.
"Sorrisi a me stesso compiaciuto, perché la complicità vera uno la instaura solo con se stesso: quale interlocutore migliore, più gentile, o più comprensivo?"
Editore Aìsara
Anno 2011
144 pagine - brossura con alette
Traduzione Giovanni Zucca
La trama:
A Pourceville, un paesino della Normandia - famosa per il calvados e per essere stata teatro di battaglia del D-Day nel 1944 - uno strano uomo dal mantello nero, alto e lugubre, dagli occhi azzurri inespressivi, si destreggia fra le campagne con una falce in mano uccidendo, uno dietro l'altro, i cittadini locali. Sembrano avere le medesime caratteristiche, tutti tra i 60 e i 65 anni, ancora attivi o in pensione. Tutti sono stati trovati mutilati, lingua e sesso lasciati accanto ai cadaveri.
L'assassino sembra agire indisturbato, come se avesse architettato tutto nei minimi particolari. Ma c'è sempre l'1% di possibilità che qualcosa possa andare storto. E quel qualcosa si chiama Tonio Padovani, che torna, dopo essere stato coinvolto dal piombo letale in "Assassini di sbirri", a indagare insieme a una compagnia di poliziotti al limite del grottesco, per stanare il colpevole ma, soprattutto, per riuscire a dare un movente a cotanta ferocia.
"Sorrisi a me stesso compiaciuto, perché la complicità vera uno la instaura solo con se stesso: quale interlocutore migliore, più gentile, o più comprensivo?"
Il commissario Tonio Padovani, reduce da un'indagine che lo ha lasciato provato nell'animo e anche nel fisico, si trova ora a combattere contro degli omicidi inspiegabili in un angolo di Normandia, in cui era "un corpo estraneo venuto a impiantarsi da abusivo sulla cellula base" e "impantanato in una miserabile vicenda di delitti campagnoli".
Il paese di Pourceauville è costituito prevalentemente da allevamenti di mucche e prati e le attività degli abitanti spaziano dall'agricoltore all'impiegato e non è giustificabile un accanimento di omicidi di tale portata.
Il commissario sembra brancolare nel buio e arriva sempre troppo tardi. Gli omicidi continuano a verificarsi, conscio di dover agire praticamente in solitudine, considerando lo scombinato gruppo di aiutanti che lo accompagnano in questa "avventura". C'è l'ispettore Primerose, efficiente finché non trinca un po' di calvados. Allora inizia a blaterare frasi sconnesse e non è più affidabile. Poi c'è l'ispettore capo Mamadou, di colore - una specie di Burt Lancaster africano - e alquanto sanguigno, che se gli partono i 5 minuti diventa insubordinato e comincia a improvvisare mosse di karate. Infine Hautes Etudes, mini-commissario in stage, che pare un libro stampato quando parla, alza la mano come a scuola per intervenire e per questo deriso e sbeffeggiato dai colleghi.
Insomma, con questa combriccola, il caso per Tonio Padovani sembra presentarsi davvero difficile. Un assassino deve lasciare delle tracce. Occorre forse un briciolo di fortuna e aspettare che commetta qualche errore. D'altronde, le percentuali esistono anche per questo e affidarsi anche all'1% di probabilità può risolvere il caso.
Fajardie accenna a un periodo storico, il 1944, durante il quale vennero compiuti atti orribili malcelati da futili ragioni. E questo lo fa saggiamente, intervallando il racconto con scene esilaranti dei colleghi di Padovani, che paiono poliziotti improvvisati, senza alcuna esperienza sul campo. In sole 144 pagine, lo scrittore riesce a coinvolgere nella lettura ricordandoci il nostro passato e ancora una volta lo fa nuotando contro corrente. Non assume il ruolo di poliziotto integerrimo che esegue correttamente il proprio lavoro, ma mantiene intatta la caratteristica di un commissario fuori dalle righe, quasi inadeguato. Ma capace di portare a termine la sua missione senza alterare i suoi princìpi e i suoi ideali.
Come fece con "Assassini di sbirri", lo scrittore utilizza il suo stile originale per denunciare un sistema che spesso fa acqua, in cui "polizia" non va sempre a braccetto con "efficienza".
Non solo da leggere, ma da rileggere.
Il paese di Pourceauville è costituito prevalentemente da allevamenti di mucche e prati e le attività degli abitanti spaziano dall'agricoltore all'impiegato e non è giustificabile un accanimento di omicidi di tale portata.
Il commissario sembra brancolare nel buio e arriva sempre troppo tardi. Gli omicidi continuano a verificarsi, conscio di dover agire praticamente in solitudine, considerando lo scombinato gruppo di aiutanti che lo accompagnano in questa "avventura". C'è l'ispettore Primerose, efficiente finché non trinca un po' di calvados. Allora inizia a blaterare frasi sconnesse e non è più affidabile. Poi c'è l'ispettore capo Mamadou, di colore - una specie di Burt Lancaster africano - e alquanto sanguigno, che se gli partono i 5 minuti diventa insubordinato e comincia a improvvisare mosse di karate. Infine Hautes Etudes, mini-commissario in stage, che pare un libro stampato quando parla, alza la mano come a scuola per intervenire e per questo deriso e sbeffeggiato dai colleghi.
Insomma, con questa combriccola, il caso per Tonio Padovani sembra presentarsi davvero difficile. Un assassino deve lasciare delle tracce. Occorre forse un briciolo di fortuna e aspettare che commetta qualche errore. D'altronde, le percentuali esistono anche per questo e affidarsi anche all'1% di probabilità può risolvere il caso.
Fajardie accenna a un periodo storico, il 1944, durante il quale vennero compiuti atti orribili malcelati da futili ragioni. E questo lo fa saggiamente, intervallando il racconto con scene esilaranti dei colleghi di Padovani, che paiono poliziotti improvvisati, senza alcuna esperienza sul campo. In sole 144 pagine, lo scrittore riesce a coinvolgere nella lettura ricordandoci il nostro passato e ancora una volta lo fa nuotando contro corrente. Non assume il ruolo di poliziotto integerrimo che esegue correttamente il proprio lavoro, ma mantiene intatta la caratteristica di un commissario fuori dalle righe, quasi inadeguato. Ma capace di portare a termine la sua missione senza alterare i suoi princìpi e i suoi ideali.
Come fece con "Assassini di sbirri", lo scrittore utilizza il suo stile originale per denunciare un sistema che spesso fa acqua, in cui "polizia" non va sempre a braccetto con "efficienza".
Non solo da leggere, ma da rileggere.
Potete sempre farvi un'idea sfogliando le prime pagine del romanzo, che la casa editrice propone a questo link: Sfoglia il libro
Lo scrittore:
Frédéric H. Fajardie (Parigi, 1947-2008), scrittore e sceneggiatore, assieme a Manchette e Vautrin è fra i creatori del neo-polar, poliziesco di critica sociale nato negli anni Settanta. Il suo contributo alla codificazione del genere si avverte già nel romanzo d’esordio Assassini di sbirri (Aìsara 2010), recensito su questo blog, col quale inaugura la serie che ha per protagonista il commissario di origini italiane Tonio Padovani.
questo lo prendo. grazie della segnalazione! ;)
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